OPRC – Ordine Psicologi Regione Campania

Ə una scelta di campo

Alcuni di voi ci chiedono il significato ed il motivo dell’utilizzo dello ə nella nostra NL accanto al
femminile ed al maschile.
Avrete notato che la nostra NL inizia sempre con “Carə Collegə, Cara Collega, Caro Collega”.
Abbiamo quindi chiesto al nostro Comitato Pari Opportunità e Cura delle Relazioni (CPO&CR) di
spiegarci il motivo di questa scelta.
Il CPO&CR svolge un lavoro soprattutto di studio, riflessione e messa in campo di azioni volte a
promuovere consapevolezza, nella comunità professionale, circa la necessità di promuovere
l’assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi soggetto per
ragioni connesse al sesso, all’identità di genere, all’origine etnica, alla disabilità, all’età,
all’orientamento sessuale o a qualunque altro asse di discriminazione.


Nel solco di questa intenzione, quindi, si inserisce la prassi dell’utilizzo dello schwa nella nostra
comunicazione NL.

Cos’è lo schwa?


Secondo quanto riporta la Treccani, lo “schwa” (adattato in italiano con “scevà”, trascrizione
tedesca del termine grammaticale ebraico shĕvā /ʃəˈwa/, tradotto con insignificante, zero o nulla) è
il nome di un simbolo grafico ebraico costituito da due puntini [:] posti sotto un grafema
normalmente consonantico, per indicare l’assenza di vocale seguente o la presenza di una vocale
senza qualità e senza quantità, quindi di grado ridotto.


Nell’alfabeto fonetico internazionale viene indicato con il simbolo /ə/ al singolare e /3/ al plurale, lo
schwa è un suono vocalico neutro, non arrotondato, senza accento o tono, di scarsa sonorità.


L’uso nella lingua italiana
Tra le lingue parlate in Italia, l’idioma romanzo in cui è frequente lo schwa è la lingua napoletana:
ad esempio, nella sola parola vasame (“baciami”) ve ne sono due, una nella seconda sillaba e una
nella terza.


Come si pronuncia?
Si pronuncia tenendo rilassata la bocca, aprendola leggermente e senza deformarla in alcun modo,
qui potete ascoltare il suono: http://www.yorku.ca/earmstro/ipa/vowels.html


Il dibattito linguistico
L’uso dello “schwa” si inserisce all’interno del dibattito in corso su come rendere l’italiano una
lingua più inclusiva e meno legata al predominio del genere maschile, in cui si può usare il simbolo
ə al posto della desinenza maschile per definire un gruppo misto di persone, come attualmente si
insegna a scuola. Una questione di tipo linguistico e concettuale, legata al genere, che ricorda da
vicino il dibattito riguardante la rivendicazione dell’uso al femminile delle parole “avvocata”,
“ministra”, “sindaca”.


Ma perchè nella NL abbiamo scelto di accostarlo e non utilizzarlo in via esclusiva?
Proviamo a rispondere nell’intersezione di più vertici di osservazione.

1
Il primo vertice di osservazione è quello delle regole grammaticali formali. Non esiste, al momento
e per quanto ne sappiamo, una regola grammaticale circa l’utilizzo dello schwa. Anzi rileviamo un
recente parre dell’Accademia della Crusca, che ne sconsiglia l’utilizzo (cfr.
https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/un-asterisco-sul-
genere/4018?fbclid=IwAR0CNVxzsMxGgLq8VFrLVx6jFlBEFIFuJ4yYD1UtBziIaDgTyLtK1e3B2
ug )

2
Il secondo vertice di osservazione, quello che ci interessa di più ma non esclusivamente, è quello
politico nel senso più ampio del termine ovvero di amministrazione della polis. Infatti se dovessimo
seguire esclusivamente le regole grammaticali e avendo nella mente anche il recente parere
dell’Accademia della Crusca, dovremmo tornare al maschile plurale neutro.
Ciononostante ricordiamo che è già a partire dagli anni Settanta che la sociolinguistica femminista
ha contestato la «neutralità» del plurale maschile e la scelta di usare il maschile per referenti
femminili (come spesso per le professioni di prestigio), negandone la natura formale e
affermandone quella socioculturale. Al tempo stesso, però, rileviamo anche che non esiste un solo
femminismo ma molteplici e differenti correnti e, solo per ricordarne alcune, citiamo quella della
differenza, la teoria del femminismo materialista, il femminismo intersezionale o l’onda dei
femminismi globali e trans-femministi. Ognuna di queste correnti suggerisce un differente
approccio linguistico quale, ad esempio, affiancare il femminile al maschile oppure l’utilizzo del
femminile universale oppure, ancora, l’utilizzo esclusivo dell’asterisco o dello schwa.
Ognuna di queste proposte, seppur su presupposti e riflessioni differenti, ci sembra che rappresenti
un tentativo minimo di sovvertire le norme linguistiche (intese come strumenti di reificazione e
riproduzione della società maschilista, eteropatriarcale e cis-normata) e insieme come campo di
reinvenzione delle relazioni sociali.


3
Passiamo al terzo vertice di lettura, quello istituzionale. In quanto istituzione pubblica riteniamo
importante parlare a tutt3, tutte e tutti a prescindere dall’aderenza ad un sistema ideologico
determinato. Da questo punto di vista, scegliere di usare una soluzione linguistica piuttosto che
l’altra – tra quelle citate e senza la presunzione di conoscerle tutte – vorrebbe dire aderire ad un
sistema di pensiero unico rischiando – tra l’altro – di ridurre la dialettica viva e generativa che di
fatto l’incontro di questi differenti sistemi di pensiero alimenta nella riflessione circa le pari
opportunità.
Altresì riteniamo importante parlare a tutte le persone che compongono la nostra categoria
professionale a prescindere che queste si riconoscano come appartenenti al genere non binario, al
genere femminile (a prescindere dal sesso biologico) o al genere maschile (a prescindere dal sesso
biologico), senza esclusioni


Conclusioni
È giunto il momento di chiudere le nostre necessariamente brevi riflessioni.
In assenza di una norma grammaticale che regoli l’utilizzo dello schwa sentiamo di non poter far
altro che prendere una scelta di campo. In tal senso accostare “Carə Collegə, Cara Collega, Caro
Collega” nell’intestazione delle nostre NL è quindi la nostra scelta. Scelta che riteniamo, al
momento, il miglior compromesso possibile tra la necessità di svelare la violenza sistemica,
maschilista, eteropatriarcale e cis-normata, in cui siamo immersi senza però prendere posizione nel
dibattito politico e pubblico ed altresì ed al contempo parlare a tutte le identità che compongono la
nostra comunità professionale riconoscedto tutt3, tutte e tutti nel genere che gli è proprio.

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Ultimo aggiornamento

20 Ottobre 2021, 09:59

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